venerdì 19 novembre 2010

COSTRUIRE L'IMMATERIALE di Onorato di Manno


Per una volta mandiamo al diavolo gli schemi e le regole della didattica, usciamo dall'isolamento generato da quella macchina chiamata computer e ci immergiamo nella realtà, un mondo parallelo senza archi di trionfo, colonnati o musei del XXI secolo bensì vuoti urbani, centri commerciali e vecchie fabbriche abbandonate.

Siamo un gruppo di studenti di architettura e il motivo della nostra mobilitazione, di questo strappo alla quoditiana vita universitaria, è un workshop intitolato "architettura e società". Non sappiamo bene cosa ci aspetterà in quel mondo sconosciuto, quale sarà il nostro ruolo ma l'idea di oltrepassare il confine ci intriga, ci eccita.

Percorrendo la via prenestina si arriva in una ex-fabbrica abbandonata negli anni 80 ribattezzata con il nome Metropoliz e che da circa un anno offre rifugio ad un centinaio di anime senza dimora che in questo luogo hanno trovato tutto ciò (o quasi) di cui hanno bisogno per vivere. Ma è una vita di emarginazione e chiusura sociale, una piccola realtà all'interno di una realtà più grande che con spietata indifferenza scruta, sfiora e alla fine ignora. Arrivati in questo luogo ci troviamo spiazzati, ci siamo "noi" e ci sono "loro". Ci sentiamo intrusi. Forse farebbe più comodo restarcene per conto nostro, fare il nostro dovere e andare via il prima possibile. No! sarebbe da vigliacchi. Allora ci mettiamo a riflettere sul da farsi. Ci hanno accennato che dovremmo "costruire" un'aula scolastica, uno spazio per bambini, spazi comuni... ma non abbiamo ancora ben chiaro cosa voglia dire quel termine "costruire", pensiamo subito all'odore di vernice fresca, ai mattoni, alla calce che si mescola con l'acqua ma siamo ben lontani dal vero senso della nostra "missione". Ci chiediamo allora quale sia la chiave di lettura che ci darà la consapevolezza delle nostre azioni, la cerchiamo ovunque ma non la troviamo, allora facciamo la cosa più semplice da fare; ci mettiamo a vivere, ci rimbocchiamo le maniche e ci immergiamo nell'"altra città", siamo esseri umani e ci mettiamo a socializzare, siamo adulti e iniziamo a giocare con i bimbi, siamo creativi e cominciamo a progettare spazi.

Pian piano la città parallela ci conquista, vogliamo capire come si vive nel binario di fianco al nostro, abbiamo voglia di conoscere, scoprire ed iniziamo ad immaginare come, quel mondo isolato, potrebbe diventare se solo riuscisse a diventar parte di qualcosa di più grande, partecipato, legalizzato. Pian piano la parola
costruire va acquistando un nuovo sapore, non è più sinonimo di edificare, non è più un operazione materiale. Capiamo cha si possono costruire sogni, si possono costruire speranze, legami umani e sociali. Si possono gettare le basi per far si che due città parellele riescano ad incontrarsi, come due singole note che messe insieme generano un nuovo suono, fresco, dinamico, vibrante! Eccola dunque la risposta ai nostri interrogativi, siamo qui per costruire. Costruire l'immateriale.


"tra la partenza e il traguardo in mezzo c'è tutto il resto e tutto il resto è giorno dopo giorno e giorno dopo giorno è silenziosamente costruire." cit N.Fabi


Onorato di Manno

1 commento:

  1. ciao Onorato,

    bellissimo post, bravo, molto piacevole alla lettura. Si sente riga dopo riga quanto sei stato coinvolto, il trasporto che hai sentito è più che chiaro.
    Mi piace come arrivi al punto, e come distingui tra tangibile e intangibile. Agire in questi contesti spesso significa più creare networks, alleanze, ('legami' come scrivi tu), che durino nel tempo e possano proseguire (da soli) il processo di inevitabile trasformazione del luogo. A scala più larga si parla spesso di 'piattaforme' di attori, necessarie per innescare o tener vivo il processo. Scrivimi quando vuoi, ti mando qualcosa al proposito.
    Unica critica, ormai costante in ogni post, hehe... In futuro bilancia meglio prima e seconda parte... L'introduzione è ottima e coinvolgente, ma poi ti lascia poco spazio per i concetti chiave, che potrebbero essere approfonditi parecchio!

    Giorgio

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