giovedì 18 novembre 2010

Collezione di sabbia

L’esperienza fatta a Metropoliz, le persone che ci vivono, le emozioni che abbiamo condiviso, sono la mia personale collezione di sabbia. Giorno dopo giorno ho accumulato manciate d’arena diversa...

“C'è una persona che fa’ collezione di sabbia. Viaggia per il mondo e quando arriva a una spiaggia marina, alle rive di un fiume o di un lago, a un deserto, a una landa, raccoglie una manciata d'arena e se la porta con sé.

Al ritorno, l'attendono allineati in lunghi scaffali centinaia di flaconi di vetro entro i quali [...], [le sabbie] dispiegano la loro non vasta gamma di colori sfumati, rivelano un'uniformità da superficie lunare, pur attraverso le differenze di granulosità e consistenza[...]

Passando in rivista questo florilegio di sabbie, l'occhio dapprima coglie soltanto i campioni di spicco [...]

Poi le differenze minime tra sabbia e sabbia obbligano ad un'attenzione sempre più assorta [...]”

Italo Calvino, Collezioni di sabbia, 1983

Inizialmente ho prestato attenzione solo alle situazioni e alle dinamiche che ritenevo significative, ovvero quelle che mi apparivano più rappresentative e rispondenti all’idea utopica che di Metropoliz mi ero fatta. Sembrava vigere una sostanziale armonia, il gruppo degli occupanti pareva essere un insieme coeso di molti individui, ognuno con le sue specificità, il suo carattere, il suo ruolo sociale all’interno della comunità.

Poi però il velo si è squarciato e la situazione è parsa in tutta la sua complessità. Avevo l’impressione che ogni gruppo omogeneo per nazionalità e cultura avesse la tendenza a chiudersi in se stesso, a rispettare il proprio “simile” più degli “altri”. La motivazione, la più naturale, è che le persone che popolano Metropoliz sono lì per necessità, per bisogno, per scelta condizionata, non per il piacere di vivere insieme. L’illusione che in questo microcosmo regnasse la totale armonia si è infranta contro la constatazione di una realtà che si rivelava ben diversa.

Con il passare dei giorni però ho compreso che la struttura sociale che regola Metropoliz impone dei doveri e garantisce dei diritti e sono proprio questi diritti e doveri che rendono possibile la convivenza civile tra tutti*, la compresenza e l’equilibrio tra specificità ed esigenze molto diverse tra loro, la vita stessa di Metropoliz. Questo sistema di regole è frutto di negoziazioni e contese risolte con fatica, in assemblee in cui ognuno ha lo stesso diritto di parlare, in cui ci si confronta apertamente l’un l’altro . Chi non segue le regole che la comunità si è data è allontanato, perché non la rispetta e quindi non merita di farne parte.

Alice Ampolo

1 commento:

  1. cara Alice,

    davvero bello ciò che hai scritto. Non solo ti interroghi su questioni di eterogenità vs. omogeneità ma vai in profondità a capirne le sfumature (ottima la citazione) e a cercare di spiegarne le ragioni.
    A un certo punto parli di un certo equilibrio creatosi tra gli abitanti: mi piace molto che tu dica “negoziazioni”, perché è un termine chiave per tutta la letteratura su development e contested spaces. Ti invito a ragionare ulteriormente su questo però: chi ha fatto le regole a Metropoliz (ovvero, c’è qualcuno oltre agli abitanti che ha bisogno di queste regole)? Sono regole che sono solo in Metropoliz o magari si rifanno a una rete più ampia? A che servono le regole oltre a trovare un equilibrio necessario per sopravvivere? Che meccanismo genera la dinamica descritta nella tua frase conclusiva? Conosci degli esempi riconducibili a questo?

    Ottimo davvero,
    Giorgio

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