sabato 20 novembre 2010

Roma ha bisogno di Metropoliz (di Alessandro Toti)

la città è un organismo per sua natura in divenire.

tuttavia oggi questo potenziale di trasformazione è tradito da un'espansione odiosa, lontana dalle richieste dei cittadini di accessibilità, fisica ed economica, e vivibilità. il modello è sempre lo stesso: la distruzione di nuove porzioni di agro romano, la creazione di piccole o grandi enclaves, dove la varietà architettonica ma soprattutto socio-culturale è annullata.

metropoliz offre un altro modello, fondato su 3 principi: la città si ricicla, la città si autocostruisce, la città si condivide.

tuttavia questo modello non è facile da portare avanti perchè si scontra con difficoltà spaziali, temporali, ma soprattutto culturali: è il pregiudizio della nostra società verso esperienze come queste, verso la possibilità dell'altro nella nostra città, altro come luogo, come persona o come sistema, ad ostacolare l'accettazione delle tante metropolis nella roma consolidata: non è alemanno a dover entrare a metropoliz, ma tor sapienza, roma, noi tutti.

il workshop va esattamente in queste direzione: rendere noi studenti da una parte consapevoli di questo processo di appropriazione di spazi e dall'altro partecipi della trasformazione e dell'apertura degli stessi spazi.

ma forse il lascito più importante di questo workshop può essere la consapevolezza che l'abitare contemporaneo sia un'idea nuova, qualcosa che più nello spazio si radica nel tempo, nella velocità di appropriazione e probabilmente, un domani, di abbandono.

il vivere per una settimana in quei luoghi ci ha portato a capire quanto il trasformare una fabbrica dismessa in abitazioni e spazi pubblici non sia una pratica centennale ma piuttosto un'azione quotidiana, legata a gesti domestici, pulire per terra, montare una luce, costruire un tavolo.

l'abitare ritorna al suo significato etimologico indicato da heidegger: non l'occupare un luogo ma il prendersene cura, il trascorrervi il proprio tempo, il caratterizzarlo con la propria individualità.

l'abitare non si compra più da caltagirone, ma si costruisce al metropolis.

metropoliz non è un esperimento riuscito ma un banco di prova, in cui tutti siamo coinvolti. può andare bene o andare male: ma il risultato coinvolge tutti perchè metropoliz non è (solo) il ghetto di poveri emarginati ma l'estremizzazione delle condizioni e delle possibilità di molti cittadini della società attuale, studenti, lavoratori, famiglie, poco o non rappresentati e costretti a conquistarsi e difendersi i propri spazi.

1 commento:

  1. Alessandro, mi hai lasciato senza parole, saggio bellissimo. Fai un'ottima analisi del Metropoliz reinserendolo in un dibattito più ampio su città di enclaves omogenee e abitare contemporaneo. Non sei mai banale, nemmeno quando citi situazioni più contingenti (alemanno e caltagirone): non sono slogan politici ma frasi profonde dietro alle quali un ragionamento c'è.
    Molto bello leggere Metropoliz come banco di prova, aggiungendoci il concetto della nostra non-neutralità.
    Due cose sull'"altro modello": se parli di 3 principi devi poi articolarli un po' (lo fai parzialmente nei paragrafi successivi ma non basta.. ma so che lo spazio è poco e hai dato priorità ad altro); ragiona molto sul perché non è facile portare avanti questo modello, ci sono tanti fattori in più oltre a questioni spaziali, temporali, culturali... la risposta è già in parte nel paragrafo introduttivo, ma ti potrebbe interessare lavorarci in futuro e approfondire.

    fantastico, grazie.

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