venerdì 19 novembre 2010

A House Is Not a Home di Michela Fresiello


A House Is Not a Home

Se c’è una cosa che ho imparato a Metropoliz è il significato della parola “casa”. Gli inglesi distinguono due termini: house e home. House, è un posto fisico dove dormi, dove svolgi le tue funzioni vitali; home è un luogo figurato, che ispira protezione, intimità, calore. So dov’è la mia House, ma non so dove si trovi la mia Home. Perché a volte puoi avere pavimenti lastricati d’oro e cristalli sui lampadari; ma non avrai mai il calore di qualcosa che ti faccia dire: “sono a casa!”.

A Metropoliz ho capito che la dignità di una casa non riguarda la sua fisicità, ma l’amore e la cura con cui la si costruisce. Mattone dopo mattone con grande fatica ognuno qui ha tirato su il proprio nido, creando un luogo unico e individuale. Proprio questo contrasto home/house mi porta a fare il confronto tra due situazioni diverse, ma in qualche modo accomunate.

La prima è quella di Silvia e Tarik che abitano a Metropoliz in un piccolo alloggio che stanno piano piano costruendo. Aspettano un bambino, Silvia è all’ottavo mese di gravidanza, lavora ancora perché è lei a portare i soldi a casa, dato che il suo compagno è ancora clandestino. All’ingresso c’è una cameretta dipinta di rosa, una greca fiorata corre per tutto il perimetro della stanza, “Questa” –dice Tarik- “è la stanza del bambino”. La loro casa sicuramente non gode di chissà quali comfort essendo comunque costruita con materiali di riuso e mezzi di fortuna, ma l’amore che invade quella camera rosa rappresenta quello che io, oggi, intendo per Home.

La seconda riguarda quella degli abruzzesi che vivono negli alloggi del progetto C.A.S.E. Nel centro dell’Aquila è vietato l’ingresso, non è stato speso un soldo per la ricostruzione; al contrario lo Stato ha favorito la speculazione edilizia con la costruzione delle New Town. Cercando di sintetizzare parliamo di case-non-luoghi, ghetti, costruiti negando la partecipazione della popolazione, frutto di decisioni prese in regime d’emergenza. In questi alloggi, costruiti in serie, si nega ogni forma di personalizzazione, vietando addirittura di piantare un chiodo nel muro. Agli aquilani è stata data una house ma la loro home è ancora sotto le macerie.

Lo Stato ha il dovere di garantire il diritto all’abitazione (art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani) aiutando i ceti più deboli, soprattutto in questo periodo di profonda crisi, a non cadere nella disperazione. Per questo il governo deve combattere la speculazione edilizia in favore di una politica che stia dalla parte del popolo, garantendo case e affitti accessibili a tutti e a prezzi agevolati.


Alcune delle mie foto di Metropoliz http://www.flickr.com/photos/michelafresiello/sets/72157625421157030/

2 commenti:

  1. ciao Michela,
    post eccellente, brava. La distinzione tra house e home rappresenta veramente bene la situazione che ci siamo trovati di fronte a Metropoliz, e la tua riflessione sulla casa di T. e S. è davvero ottima e riconosce quelli che in gergo sono chiamati 'intangible assets', oltre il fisico e il materiale.
    Funziona bene anche il paragone con l'Aquila, e mi piace che li consideri non luoghi (anche se dovresti proiettarli in un futuro lontano: penso che alla lunga si caricheranno di memorie anche loro, al di là dei chiodi nel muro).
    Attenta alla conclusione però... Penso che tutto il tuo discorso vada oltre la questione 'diritto alla casa', ponendosi su un piano più strettamente filosofico. Concludere parlando di un momento di crisi, 'contingente', rischia di far perdere forza al tuo discorso, che penso vada oltre le tematiche (importantissime, certo) dell'affitto accessibile e del prezzo agevolato. Anche con tutte le agevolazioni del mondo "a house won't be a home", se nei vari momenti del processo non si ricorre alla partecipazione degli abitanti, che è l'unica cosa che può stimolare il senso di appartenenza e quindi il carattere 'homey' di una abitazione.

    Giorgio

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  2. concordo in pieno con te..penso che abbia influito molto l'averlo scritto in 2 tempi diversi. un testo così breve deve essere immediato e scritto di getto. mi sono sentita limitata nell'avere un tot di parole a disposizione e troppe cose da voler dire.

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