Il pensiero di svolgere un workshop in una struttura occupata vissuta da molteplici etnie mi aveva incuriosito e stimolato, sia perche l’intero corso si svolgeva all’esterno della struttura universitaria sia perche mi avrebbe avvicinato ad un mondo mai conosciuto.
All’inizio di questa esperienza avevo una mia idea sullo svolgimento di tale workshop data dalla presentazione avvenuta in aula.Appena arrivati a Metropoliz ci siamo riuniti nell’aula delle assemblee per discutere sulle impressioni del luogo e sui temi da sviluppare.
I temi che sono scaturiti dall’incontro sono stati molteplici : la sicurezza , creare uno spazio esterno attrezzato, un aula per le lezioni di italiano , una zona gioco per bambini .A questo punto ho realizzato che il tipo di lavoro cogitato in aula non era lo stesso tipo di lavoro che ci approcciavamo a fare, credendo di dover progettare una struttura in autocostruzione da donare agli abitanti di Metropoliz .
Mi e’ stato chiesto se questo workshop era per me un fallimento , per rispondere a questa domanda va sicuramente distinta la parte progettuale(professionale) da quella sociale. Se parliamo di cio che ho appreso in ambito professionale e’ stato deludende , se parliamo della parte socio-umana e' stato sicuramente un successo ,poiche’ ho conosciuto e mi sono rapportato con una realta’ fuori dalla mia vita, ho realizzato come si svolge la vita in un occupazione, i pensieri le difficolta’,mi sono avvicinato ai bambini rom (l'elemento fondamentale di partecipazione e di legame ) cercando di capire i loro pensieri e volonta’ tramite il gioco ,cosa che altrimenti non avrei mai fatto.
Ps: ce’ sta una cosa che mi ha colpito , al quale pero’ non riesco ad associare un perche’: ogni qualvolta andava via la luce i bambini rom gridavano GIUSTIZIA!
Giancarlo Sacco
fuori da ogni polemica, volevo chiederti cosa intendi per ambito professionale, e soprattutto perchè in questo senso per te la nostra settimana è stata un fallimento...
RispondiEliminagrazie
Alice
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RispondiEliminareincollo quello che avevo scritto prima (c'erano due erroracci)
RispondiEliminaciao Giancarlo,
interessante. E' buono il fatto che evidenzi l'imprevedibilità di operazioni del genere, che mi pare di capire sia stata la cosa che ti ha colpito di più. Ti giro una domanda: avevi capito che avremmo donato una struttura autocostruita agli abitanti.. se avessimo fatto questo come avresti giudicato l'operazione? Il prefisso auto- a chi si riferisce in questo caso? Cosa pensi del concetto di 'donare'?
Molto bene la riflessione sui bambini, specialmente quando parli di "capire le loro volontà" attraverso il gioco. Sulla questione professionale/umana: dai un'occhiata al post di Marta e al mio commento. Penso (ma puoi non essere d'accordo) che il workshop voglia dimostrare l'inevitabile sovrapposizione di una componente sociale a una più 'architettonica-professionale' (intesa in senso classico). Nell'ottica di un professionista 'reinventato', pensi sia deludente il risultato ottenuto? Considera che la piazza è stato il focus di tutto l'evento di sabato, lo spazio vissuto, e continuerà a esserlo speriamo! Anche intendendo l'architettura esclusivamente come produzione di spazio direi che ci siamo riusciti! (confrontati con Luca magari, ha scritto delle cose interessanti in proposito)
Che ne dici?
Grazie! Anzi, giustizia! ;)