A Metropoliz ogni nucleo familiare si è costruito una casa e altri abitanti ne stanno tirando su di nuove.
Questa giovane comunità, dal primo giorno di occupazione, continua ad incontrarsi in un'area al coperto ai piedi dell'ingresso della ex fabbrica: lì discute, lì si organizza, lì festeggia. Con i mesi il numero degli abitanti è cresciuto e chi è qui da più tempo manifesta nuovi bisogni talvolta legati alla vita in comune e quell'area al coperto sembra non bastare più come unico luogo del confronto: si desiderano nuovi spazi destinati all'apprendimento, al gioco dei bambini, alla relazione collettiva.
Il primo a guidarci dentro Metropoliz è Andrea ma le sue parole sulle consuetudini e sulle necessità di quel luogo, per i primi giorni sono racconti senza facce: in giro per la fabbrica non si vede nessuno ed il lavoro nelle stanze comincia con noi soli, delusi e preoccupati di non aver ascoltato dalle persone cosa si immagini per quello spazio.
E' Mercoledì sera quando si svolge l'assemblea tra gli abitanti ai piedi dell'ex fabbrica e l'indomani finalmente, molti di loro vengono a turno per vedere e partecipano come possono, costruendo tavoli, pulendo, saldando, ma preferendo lasciare a noi l'ideazione dei progetti, quasi come se ognuno dovesse mettere in questo lavoro solo ciò che gli è proprio.
Di fatti, la mancanza di una fase progettuale condivisa con gli abitanti, forse per loro paura di esprimersi o per una nostra incapacità nel favorire un processo creativo, é stata la questione che mi ha sollevato i maggiori dubbi durante la settimana, facendomi spesso temere che il risultato a cui saremmo arrivati sarebbe servito forse, a compiacere solo noi estranei. Parlando con un abitante e chiedendogli se forse stavamo solo rubando del tempo a quelle persone intente a lavorare (le quali non avrebbero di certo visto in quei giorni un risultato finito), mi ha risposto che eravamo riusciti invece a portare da quel lato della fabbrica anche chi non c'era mai venuto prima perché escluso o autoesclusosi dal resto della comunità. Si stavano impegnando nella creazione di spazi essenziali per la vita collettiva, fatto assai più importante della realizzazione in sé.
L'architettura partecipata, di cui sempre più spesso si parla, é allora un mezzo tramite il quale si arriva ad un progetto definito, che tende alla risoluzione di un problema legato alla comunità e realizzabile nel minor tempo possibile con l'uso di conoscenze tecniche o è, piuttosto, il fine a cui dobbiamo rivolgerci, considerando più importante un approccio basato sulla partecipazione delle persone con le loro abilità e conoscenze, che riesca a favorire la socialità, anche a costo di impiegare più tempo nel definire risultati certi e condivisi?
Forse la strada giusta da seguire non è una sola. Ciò che invece credo sia importante fare, in entrambi i casi, è un'analisi, ad esperienza finita, su quello che non ha funzionato, sulle ragioni che hanno provocato piccoli o grandi fallimenti e lavorare su tali basi per proporre nuove soluzioni che rendano sensato questo approccio alla costruzione insieme.
Francesca Micco
ciao Francesca,
RispondiEliminamolto bene, interessante. Importante il fatto che rimarchi come la partecipazione debba esplicarsi non solo nella faste costruttiva ma anche in quella progettuale. In quale altre fasi pensi possa essere utile? C’è qualcosa prima e dopo queste due fasi?
Piccola critica: arrivi al punto un po’ troppo tardi nel testo. Un’introduzione più corta ti avrebbe aiutato ad avere più spazio per articolare la risposta al domandone del penultimo paragrafo: capisco e condivido quello che scrivi nella conclusione (attenta però a dire semplicemente “COSTRUZIONE insieme”), ma mi sarebbe piaciuto vederlo riportato sulla realtà Metropoliz. Qual è la tua analisi dell’esperienza? La suggerisci due paragrafi prima ma andrebbe approfondita un po’.
Nel complesso comunque il saggio è davvero ben scritto e dimostra che hai ragionato e sviluppato una tua opinione nel corso dei giorni... continua a porti queste domande, è importantissimo... (e vedrai che ti darai risposte sempre diverse...). Brava!