sabato 20 novembre 2010

Luoghi e forme della condivisione (di Cristina Ciccone)

”Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, ma non soltanto scambi di merci, ma scambi di parole, di desideri, di ricordi.”
“Le città invisibili” Italo Calvino

Curiosità ed entusiasmo ma anche perplessità e timore davanti a quel cancello, all’ingresso di una città parallela a noi sconosciuta, in quel luogo apparentemente cosi ostile. Un ‘esperienza che lascia il segno, che ti fa riflettere mentre la vivi e che, ripercorri con la mente per riassaporarne le emozioni.
Partecipazione, organizzazione, condivisione, adattamento, rispetto, solidarietà e collaborazione, sono queste le parole chiave del workshop, l’ architettura per una volta ha abbandonato il suo aspetto tecnico-formale e ha acquisito nuovi significati.

Sono entrata in punta di piedi in quella città, avendo timore di rapportarmi, amalgamarmi con persone con cui raramente ho interagito. Non capivo quale doveva essere il mio ruolo lì dentro, a cosa servivo e cosa potevo fare al meglio per raggiungere un buon risultato scolastico, ma è bastato entrare in quel contenitore di nuove realtà, esigenze, desideri, abitudini e il mio pensiero di colpo è cambiato.
Mi sono rimboccata le maniche e ho cominciato a dare il mio contributo. Per loro. Quel posto in poco tempo mi ha rapita, conquistata. Lavoravamo tutti insieme per uno scopo, una scuola, un’aula gioco, l’unione faceva davvero la forza e la “differenza” tra noi e loro cominciava a scomparire. L’intento era produrre il più possibile, non sprecare, rendere tutto utile per consentire a quei bambini di non giocare più nel fango e per offrire loro uno spazio dove imparare. Un giusto fine, se si pensa a una comunità che, si spera un giorno, possa integrarsi con l’altra città fuori quelle mura. Tuttavia, vivendo quest’esperienza a ritroso, e vedendo quanta abilità hanno queste persone nel vivere, anzi, sopravvivere, mi chiedo: “ Noi studenti eravamo davvero indispensabili lì per costruire quei luoghi? È davvero quello il vero obiettivo che intendevamo e abbiamo raggiunto?” Credo che in quella settimana il traguardo prefissato sia mutato…da costruire a condividere! È questo il ricordo più intenso che quest’esperienza mi lascia, nuovi luoghi e forme di condivisione che si spera abbiano un futuro in quella comunità, che siano un punto di partenza non solo per migliorare i rapporti interpersonali ma anche la loro città e il loro modo di vivere.
Entusiasta di aver avuto la possibilità di “toccare con mano” l’architettura, di aver fatto parte di un processo di appropriazione di nuovi spazi e della trasformazione degli stessi, concludo con una frase tratta da “Le città invisibili” di Italo Calvino che credo riassuma quest’esperienza:
“…d'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda.”

2 commenti:

  1. Ciao Cristina,

    bel post, complimenti. Mi piace la citazione iniziale (mi dici di quale delle tante città si trattava? Eufemia?), incentrata sullo scambio, che nel corso del saggio diventa il tuo tema principale. Molto bene anche il passaggio da 'costruire' a 'condividere'... Ho apprezzato che ti sei chiesta se fossimo veramente necessari, e la tua crescita successiva a questa domanda.
    Attenta però a quando dici che lo facevamo 'per loro', per i bambini affinché non giocassero più nel fango ecc. Al di là di qualsiasi opinione personale (puoi benissimo rimanere di questa idea) penso che il nostro ruolo sia un po' diverso, o almeno dovrebbe esserlo... Penso che dovremmo essere quelli che permettono il dialogo fra le parti (tutte le parti) al fine di promuovere un certo sviluppo (sociale, politico ecc) all'interno del processo di trasformazione urbana. La penso in gran parte come te, ma voglio solo farti riflettere su quali rischi possono esserci nell'entrare troppo in empatia con una singola parte. Che ne pensi?

    Giorgio

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  2. daccordissimo con giorgio. Anche io ho trovato un solo momento di caduta in quel "per loro", ma poi capisco che effettivamente è quello il motore che fa scattare il tutto, soprattutto quando non è impersonale, ma si riferisce alle persone conosciute direttamente e con cui si condivide. belli gli elenchi di parole
    mi preme metterti al corrente che le città di calvino, che sono bellissime - è forse il mio autore preferito -, sono anche molto consumate dai saggi degli architetti, forse troppo.
    comunque mi è piaciuto molto

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